Viviamo insieme

Innanzitutto viviamo insieme, sulla base di quel primato della condivisione della vita che (accanto al primato dell’autogestione) abbiamo sempre predicato e per quanto possibile praticato.

“Per quanto possibile”: la condivisione fra disabili e normodotati l’abbiamo praticata in pieno (tutti insieme, appassionatamente) finché abbiamo potuto risiedere nel Convento di S. Girolamo, e cioè dal 1974 al 2000, dove si trovavano a loro agio Franchino e la “Zia Assunta” (Foto “ASSUNTA E FRANCHINO”), che lo custodiva insieme ai suoi nipotini, Augusta e tiziano: c’era tutto lo spazio per praticare a tutto tondo la condivisione della vita.
Nelle residenze provvisorie di Padule Stazione e di S. Marco quello spazio si è di molto ridotta, così come a Perugia: in pratica a Padule Stazione solo don Roberto Revelant tra i residenti risulta non ricoverato, a S. Marco risultano non ricoverati la dr. Botta e don Angelo; ma nel quadro della medicalizzazione dell’handicap che si è affermata in anni recente anche queste tre presenze andrebbero cancellate. E gli operatori dovrebbero sempre e comunque assentarsi appena finito l’orario di lavoro. Da noi non è così (foto da Video per il sito, n . 09 – 13)

Ma in primo piano è venuta la convinzione che la condivisione possibile è quella che una volta, nel cuore della civiltà contadina, era la vicinanza di pianerottolo: una famiglia che abita accanto alla Comunità, si apre una porta e le due realtà si compenetrano. Al posto della serratura c’era il saliscendi.

La praticò a suo tempo la famiglia Scavizzi a S. Girolamo (foto da S. Girolamo, L’utopia sul monte, foto di pg. 30), ai nostri giorni l’hanno praticata a S. Marco la famiglia di Antonia Bissanti e di Silvio Cuccu e la famiglia di Nicolina Grazia Farris, Antonio e Igor Fania (foto da Video per il sito, n. 03-05).

Ma come si fa a non capire l’importanza educativa enorme che ha, nel clima quotidiano di una comunità d’accoglienza, la presenza di un bambino come Igor (foto da Video per il sito, n. 03-03), che ha una sua casa, ma dentro la comunità, e da dentro la sua casa entra in comunità scivolando sul pavimento lucido meglio di Carlina Kostner su ghiaccio? Ogni volta che entra è una ventata d’aria pura.

Come si fa a non capire l’importanza educativa enorme che ha, nel clima quotidiano di una comunità di recupero, la presenza di una mamma (foto da Video per il sito, n. 03-04) che educa il suo bambino, giorno dopo giorno, gli parla, l’aiuta a fare i compiti senza sostituirsi a lui, lo coccola, gli fa gli occhiacci a quando è necessario lo sbriscola pure?
Come si fa a non capire l’importanza educativa enorme che ha, nel clima quotidiano di una comunità d’accoglienza, la rappresentanza di tutte le età della vita, dal vecchio nonno, ben avviato sulla strada del rincoglionimento definitivo, al nipotino che sprizza energia da tutti i pori? (foto da Video per il sito, n. 03-01).

Ebbene, per Lorsignori i legislatori del socio/riabilitativo, tifosi della riabilitazione dell’arto, questo tipo di riabilitazione della persona, in questa fase informale ma importantissima e decisiva, sapete come la chiamano? PARTE ALBERGHIERA!

No, non c’entrano niente i nostri amabili e intelligenti funzionari regionali o locali.. Han atto di tutto per ridurli a personale esecutivo. C’è qualcuno, dietro, dietro in alto, qualche Mefistofele che ha dettato le regole generali, una specie di diavolo con l’unghia fessa, che respira cloroformio invece di emanare zolfo.